ROSCIANO

ROSCIANO

Rosciano è un comune di 3.595 abitanti articolato in diverse frazioni.Nella frazione Villa Badessa è presente l’unica comunità Italo-Albanese dell’Abruzzo, che conserva in parte l’uso della lingua “arbëreshë” e il rito bizantino greco, secondo l’anno liturgico orientale. Questa frazione costituisce motivo di vanto religioso e culturale per il piccolo comune poiché proprio in essa è situata una chiesa di rito greco-bizantino che fa capo all’Eparchia di Lungro, in Calabria. Fu costruita intorno alla seconda metà del XVIII secolo e rappresenta il simbolo della più settentrionale comunità Arbereshe in Italia. La chiesa di Villa Badessa conserva una ricca collezione di icone bizantine e post bizantine, tanto da essere considerata la principale raccolta di icone dell’Europa Occidentale.
Abitato sin dal neolitico, come testimoniano reperti rinvenuti nelle località “Coccetta” e “Piano Ciero”, Rosciano era probabilmente un “vicus” romano, lo dimostrano, infatti, l’impianto in laterizio che funge da basamento alla torre del castello e i vari ritrovamenti effettuati nel territorio (tra i quali un sarcofago).
L’area su cui si estende il paese vide l’insediamento di una “fara” longobarda, posta ai confini meridionali del Ducato di Spoleto, lungo la riva sinistra del fiume Pescara. Del periodo longobardo restano vari reperti come: un pettine in osso lavorato ed una necropoli recentemente scoperta in località Piano Fara, nonchè diversi toponimi come “Piano Faram”, “Colle della Guardia” e “S. Giovanni alla Pescara”. Intorno a “S. Giovanni alla Pescara”, elemento fortificato poi ampliatosi nell’attuale Castello, le popolazioni della fara e quelle vicine crearono il primitivo nucleo abitato di Rosciano. Aggregato inizialmente alla contea normanna di Manoppello, Rosciano guadagnò l’epiteto di “Rocca dei Capitani”, poichè diede ricovero ai più temibili e famosi capitani di ventura del tempo.
Il piccolo borgo dalle radici medioevali conserva costruzioni molto antiche quali ad esempio il castello medioevale con la torre detta “dei Paladini”, in ricordo di una leggenda che vuole i Giganti Paladini responsabili della costruzione dell’edificio all’epoca della prima crociata. In realtà, ad edificare la torre di Rosciano sono stati i Normanni, ed il primo comandante militare della rocca, Roscio da Montechiaro, ha dato il nome al paese.
Il Comune è famoso in Abruzzo ed in Italia per la produzione di vino e olio extravergine d’oliva di qualità. Per le sue bellezze artistiche, per la bontà dei suoi vini e dei prodotti tipici, il comune di Rosciano costituisce uno dei luoghi più suggestivi dell’Abruzzo.

BENI ARCHITETTONICI DI INTERESSE STORICO-ARTISTICO

L’imponente Castello di Rosciano si compone di un torrione, risalente alla fine del secolo XI, e di un corpo di fabbrica laterale realizzato nel corso del 1500 e trasformato, nel Rinascimento, in Palazzo Baronale. La torre si eleva su un basamento di epoca più antica (1000-1100), dal quale si scorgono ancora murature del periodo romano. Il Palazzo Baronale, completato nel 1600, presenta un piano rialzato, nel quale era collocato l’antico Corpo di Guardia, con le finestrelle protette da pesanti grate, ed il piano nobile, con ampie finestre separate da sottili paraste ed un sottotetto fornito di semplici loculi.
La costruzione della Torre è attribuita ad Achille Valignani, duca di Vacri, a difesa dei territori teatini conquistati dai Normanni di Roberto il Guiscardo. Essa sorge sulla cima di un colle alto 253 metri sul livello del mare, dominante la valle del Pescara, considerata nodo strategico delle vie di comunicazione tra la catena appenninica e la costa adriatica. La torre, a pianta pressoché quadrata, è composta di tre livelli e da un’alta base scarpata; presenta un corpo prevalentemente in materiale laterizio, mentre gli angoli sono trattati con grossi conci ben squadrati di pietra grigia chiara. Superiormente è priva dell’originario coronamento merlato di cui era provvista. La copertura si presenta a doppio spiovente.
Esternamente la struttura si mostra ancora in buono stato ma l’interno è gravemente danneggiato e necessita di urgenti interventi di conservazione.
L’oasi di Villa Badessa (BADHESA)
A Villa Badessa, frazione di Rosciano, è presente l’unica comunità Arbëreshë (Italo-Albanese).
La peculiarità di questo villaggio risiede nella conservazione dei riti e della cultura arbëreshë. L’istituzione della parrocchia nel 1744 fu il primo atto pubblico dell’insediamento di una colonia di 17 famiglie profughe dall’Albania che viveva ancora sotto la dominazione turca. I profughi albanesi, provenienti dall’Epiro, trovarono ospitalità nel Regno di Napoli all’epoca di Carlo III Borbone, che offri loro i terreni nel tenimento di Penne-Pianella. La leggenda vuole che i profughi albanesi, nel trasportare la loro preziosa icona della Madonna Odigitria (dal greco “Colei che indica la Via”), furono rallentati dalla sua pesantezza fino a che non divenne così pesante da non poter essere più spostata oltre e rimasero bloccati proprio nel luogo dove ora sorge il paese (così nacque Villa Badessa).
Proprio per questa sua matrice orientale, la chiesa parrocchiale di Villa Badessa, dedicata a Santa Maria Assunta (in Arbëreshë, “Kìmisis”), risulta essere la custode di una cospicua e preziosa collezione di icone datate dal XV al XX secolo che consta di 75 esemplari che, dal 1965, sono stati dichiarati dal Ministero della Pubblica Istruzione “opere di interesse nazionale” e costituiscono la più ricca collezione di icone epirote esistente in Europa occidentale.
La chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria (detta anche di sant’Eurosia, patrona del paese), è sita nel centro storico del paese. All’interno si possono ammirare tele del Seicento e del Settecento, fra le quali tre tele di Nicola Ranieri da Guardiagrele, datate 1774 ed una “Madonna del Rosario col papa Pio V” di fattrice manieristica datata 1581.